Gli uomini esercitano il loro “potere” sulla partner anche così.
Controllano le loro spese, impediscono loro di cercarsi un lavoro, di studiare, di aprire un conto corrente. Per legarle definitivamente a sé: senza un reddito, non si può sfuggire, non si può scegliere, non si è liberi. È una subdola forma di controllo che mira alla demolizione della capacità di gestione della vittima.
L’European Institute for Gender Equality (Eige) definisce l’abuso economico come l’insieme degli «atti di controllo del comportamento di una persona in termini di utilizzo e distribuzione di denaro, nonché la minaccia costante di negarle risorse economiche». In passato questo comportamento era catalogato come una forma di “abuso emotivo o psicologico”, ma oggi invece è riconosciuto come un tipo distinto di violenza. Quali sono i campanelli d’allarme per riconoscerlo?
L’abusante agisce su più fronti: a partire dal controllo delle risorse finanziarie della vittima, fino alle restrizioni della sua occupazione.
Il doversi giustificare verbalmente con il proprio partner per come si sono spesi i soldi è la dinamica più diffusa: molte donne sono letteralmente costrette a mostrare scontrini, ricevute o estratti conto di come sono stati spesi i soldi.
Il tutto solitamente ha inizio con l’impedire alla vittima di avere accesso ai conti bancari, alle carte di credito o al denaro contante; tipicamente l’aggressore prende tutte le decisioni economiche senza consultare la vittima, controllando interamente il bilancio familiare e preleva denaro dai conti bancari comuni (se esistono) senza il suo consenso.
Le impedisce di lavorare, sabotandone la carriera se la vittima ne aveva una: interferisce con il lavoro della partner, ad esempio chiamando frequentemente sul posto di lavoro o occultandole eventuali opportunità di carriera; molte volte l’aggressore costringe la vittima a lasciare il lavoro attraverso minacce o manipolazioni emotive. Il passo successivo purtroppo è il negarle l’accesso a denaro per comprare cibo, vestiti, medicine o altri beni di prima necessità o, ancora, concederle solo solo piccole somme di denaro appena sufficienti per coprire le spese essenziali; impedisce alla vittima di avere accesso a informazioni o diritti legati a proprietà, investimenti o eredità.
Si può arrivare addirittura ad obbligare la vittima a fare da prestanome per finalità illecite oppure a fare da garante per prestiti. Ma ancora, si assiste allo svuotamento dei conti in vista della separazione, o alla dilapidazione di interi patrimoni familiari.
L’abuso economico è una violenza diffusa in modo capillare.
Secondo il rapporto “Ciò che è mio è tuo. Fare i conti con la violenza economica” realizzato da We World in collaborazione con Ipsos (sondaggio svolto nel 2023 su 1.200 persone in Italia), il 49 per cento delle donne intervistate ha dichiarato di aver subito almeno una volta nella vita un episodio di violenza economica e il dato aumenta al 67 per cento tra le donne separate o divorziate.
Una su dieci ha detto che il partner le ha impedito di lavorare e il 28 per cento tra le separate o divorziate ha subito decisioni finanziarie prese dall’ex compagno senza essere stata consultata.
Dove vuole arrivare il manipolatore?
A legare a sé la vittima, ad impedirle di sfuggire.
E accade proprio così: Non poter disporre di soldi propri ha ricadute negative dal punto di vista finanziario, ma aumenta anche la difficoltà nel separarsi dal partner violento: se non si ha denaro, non si può andare via.
Nel nostro ordinamento giuridico per la prima volta si parla di violenza economica nel decreto 93/2013 convertito dalla legge 119 del 2013 e citando una sentenza storica, la n. 19847 del 22 aprile 2022, sono stati offerti chiarimenti sugli elementi costitutivi del reato di maltrattamenti in famiglia, che si verifica non solo nel caso di violenza fisica, ma anche in presenza di violenza economica e violenza psicologica.
Se pensi di essere nella condizione di subire violenza economica, ti suggerisco di rivolgerti immediatamente ad un avvocato specializzato in diritto di famiglia al fine di essere assistita al meglio.