Stop all’assegno di mantenimento per l’ex moglie, se l’unione coniugale era durata poco: così ha deciso la Corte di Cassazione dell’ordinanza depositata il 25 luglio 2024 n. 20507 nell’accogliere il ricorso di un uomo che era stato lasciato dalla moglie dopo pochi mesi dal matrimonio.
Se è vero che la durata del matrimonio non esclude di per sé il diritto all’assegno divorzile, la mancata instaurazione della comunione materiale e spirituale fra i coniugi può costituirne una “causa di esclusione”.
La vicenda riguarda una coppia nel cui giudizio di separazione viene deciso che il marito debba corrispondere alla moglie un assegno mensile di mantenimento di 3.000€.
L’uomo tenta di ribaltare la situazione rivolgendosi alla Corte d’Appello di Trieste che però respinge il suo ricorso sostenendo che alla base del diritto all’assegno di mantenimento c’è il rilevante squilibrio economico fra le parti: in effetti nella coppia, lei svolgeva saltuariamente l’attività di fotografa mentre il marito disponeva di un ampio patrimonio immobiliare e di ingenti proventi reddituali.
L’uomo, a fronte della decisione della Corte d’Appello, decide di ricorrere in Cassazione: gli Ermellini hanno richiamato la pronuncia numero 32914/2022 che nello svolgere alcune considerazioni generali in ordine agli effetti della separazione e del divorzio sui rapporti patrimoniali tra coniugi, con riguardo all’assegno di mantenimento del coniuge e dei figli ha osservato che “la separazione personale tra i coniugi non estingue il dovere reciproco di assistenza morale, espressione del dovere più ampio di solidarietà coniugale, ma il venir meno della convivenza comporta significativi mutamenti: a) il coniuge cui non è stata addebitata la separazione ha diritto di ricevere dall’altro coniuge un assegno di mantenimento se non ha i mezzi economici adeguati a mantenere il tenore di vita matrimoniale, valutate la situazione economica complessiva e la capacità concreta lavorativa del richiedente, nonché le condizioni economiche dell’obbligato B) il coniuge separato cui è addebitata la separazione perde invece il diritto al mantenimento e può pretendere solo la corresponsione di un assegno alimentare sei versa in stato di bisogno.”
Tra le circostanze che vanno tenute in considerazione, ex art.156 c.c., rientra anche la durata del matrimonio.
La durata del matrimonio e il contributo apportato da un coniuge alla formazione del patrimonio dell’altro, ovvero del patrimonio comune, integrano parametri utilizzabili in sede di quantificazione dell’assegno divorzile, e non possono valere al fine di escludere la spettanza dell’assegno di mantenimento in caso di separazione personale, essendo tuttavia tali elementi valutabili di volta in volta: tant’è vero che in tema di separazione personale dei coniugi, alla breve durata del matrimonio non può essere riconosciuta efficacia preclusiva del diritto all’assegno di mantenimento ove di questo sussistano gli elementi costitutivi, (non addebitabilità della separazione al coniuge richiedente, non titolarità da parte del medesimo di adeguati redditi propri, ossia di redditi che consentano di mantenere un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, e sussistenza di disparità economica tra le parti).
Alla durata del matrimonio al di più può essere attribuito rilievo ai fini della determinazione della misura dell’assegno di mantenimento.
Con successivi approfondimenti è stato anche messo in luce che per le ipotesi di matrimoni di durata molto breve, come quello del caso che stiamo esaminando, nell’ipotesi in cui non si è ancora realizzata, al momento della separazione, alcuna comunione materiale spirituale tra i coniugi, attesa l’insussistenza di condivisione di vita e dunque la mancata instaurazione di un vero rapporto affettivo qualificabile come “affectio coniugalis”, non può essere riconosciuto il diritto al mantenimento e che se è vero che la breve durata del matrimonio non esclude di per sé il diritto all’assegno, tuttavia la mancata instaurazione di una comunione materiale spirituale tra i coniugi può costituire una causa di esclusione.