La sindrome da alienazione parentale o “PAS” (Parental Alienation Syndrome), è una dinamica psicologica disfunzionale che si attiva nei figli minori coinvolti nelle separazioni conflittuali dei genitori.
Con questa espressione ci si riferisce a situazioni in cui è in atto un vero e proprio rifiuto da parte di un figlio verso uno dei genitori a causa dell’influenza esercitata dall’altro genitore, nei casi in cui la conflittualità sia molto accesa. Ecco un esempio delle dinamiche che possono degenerare nell’alienazione parentale:
Un padre : “mia figlia ha 14 anni è alta, magra e adora la danza ..un po’ mi somiglia … No …non la vedo più….all’inizio saltava qualche giorno di visita… mi diceva che aveva altri impegni …finché ha smesso di venire a casa mia.
La madre non è mai intervenuta per incentivarla a rispettare il calendario, non perché dovesse essere un obbligo ….ma perché avrebbe dovuto essere un piacere anche il trascorrere del tempo insieme al suo papà.
Eh no, con la madre no non va bene … siamo molto conflittuali, da sempre. Provo tanta rabbia e rancore nei suoi confronti.”
Litigare è un modo distruttivo con cui mantenere un legame.
La rabbia, il sentirsi traditi, la sfiducia, l’incomprensione, la paura, la tristezza, la vendetta sono il carburante che tiene viva la lotta e riattiva i litigi. L’idea che l’altro potrebbe “vincere” è intollerabile per alcuni anche se a perdere sono i figli.
Le ostilità che continuano negli anni indicano una difficoltà a recidere del tutto il legame, l’incapacità di pensare che qualcosa possa finire.
In questi contesti i figli creano alleanze più o meno inconsapevoli col genitore che di solito è più arrabbiato. Accade infatti che il genitore in crisi richieda (in modo più o meno inconsapevole) al figlio di adattarsi ai suoi bisogni, ignorando quelli del minore, col rischio di creargli problemi di diversa natura (anche nella sfera psicologica).
Il figlio, dal canto suo, inizia dunque a manifestare verso il genitore “bersaglio” sentimenti diversi da quelli che prova, finché un giorno, senza accorgersene, li fa propri.
Capita che mi venga chiesto se è normale che un figlio non voglia più vedere l’altro genitore. Io rispondo che la cosa “non normale” è l’eventuale indifferenza del genitore non respinto. Si tende a pensare infatti che il problema riguardi appunto il genitore respinto, mentre in realtà è un problema della famiglia: non si considera che non avere rapporti con un genitore è deleterio proprio per i figli stessi.
Quali soluzioni mette a disposizione il nostro ordinamento?
Quando la situazione è ancora agli inizi è possibile richiedere al giudice (la richiesta deve essere presentata da entrambi genitori) la nomina di un ausiliario per intervenire sul nucleo familiare.
L’art. 473 bis cpc consente di dare un supporto alla famiglia sia quando i figli diradano gli incontri con un genitore, sia quando in presenza di figli neonati emerga resistenza da parte del genitore convivente a consentire libere frequentazioni da parte dell’altro genitore.
Nel caso in cui non vi sia collaborazione da parte dell’altro genitore è possibile intervenire ex art 709 ter cpc al fine di far adottare al Tribunale provvedimenti punitivi del genitore che ostacola il diritto di visita ai sensi dell’art. 614 bis cpc.
In sostanza nel giudizio in questione prima si accerta che effettivamente ci sia ostruzionismo da parte di un genitore poi viene comminata una sanzione che funge da deterrente per eventuali future violazioni. Il giudice, in caso di gravi inadempienze o di atti che ostacolino il diritto di visita dei minori può anche modificare i provvedimenti vigenti.
Qualora ne sussistano i presupposti, il genitore “limitato” può richiedere l’affidamento in via esclusiva del figlio.
Il minore in questi giudizi, se ha dodici anni o in caso ha capacità di discernimento viene sentito. I presupposti vi sono quando viene accertata l’inadeguatezza dell’altro genitore che ha posto in essere comportamenti pregiudizievoli ostacolando i rapporti tra padre e figlio.
Il suggerimento che posso darvi è di intervenire subito sia da un punto di vista tecnico -giuridico, ma anche da un punto di vista terapeutico perché solo facendo un’indagine sulle motivazioni profonde che creano conflittualità con l’altro genitore (ovvero sull’origine della rabbia) si può trovare la soluzione al problema in via definitiva. Non vi nascondo che per dimostrare in un’aula di tribunale che venite ostacolati nell’esercizio del vostro diritto di visita occorrono delle prove concrete (messaggi- registrazioni di conversazioni- testimoni), quindi prima di intraprendere un giudizio cercate una soluzione dettata dal buon senso.